domenica 22 agosto 2010

"Una giornata particolare" Parte terza

Alcuni dei presenti, particolarmente in la con gli anni e non molto presenti a sé stessi, non mi riconoscono e non sembrano farsi domande. Altri, con cui il legame è forte sono quasi indecisi se salutarmi o preoccuparsi.
Mi chiedo come mi vedano e se pensano che la cosa in sé sia quantomeno anomala, ma una previsione in tal senso è davvero un azzardo.
Decido allora di lasciarmi trasportare dalle voci che compongono questo strano scenario da seduti, le immagini, i suoni sono un riempitivo importante per lo scorrimento del tempo, come fermarsi per strada a vedere i lavori in corso.
Chi lavora e mi conosce sotto altri vesti, passa sorridendo, mi chiede se sono nuovo e se ho lasciato qualcosa in eredità, anche gli anziani presenti partecipano al gioco e si divertono particolarmente quando si tocca lo spinoso tema dei bisogni fisiologici.
Questo ridere e scherzare mi fa pensare a quegli anziani con i quali non sono ancora riuscito a stabilire un legame; freddi e scostanti non partecipano a nessuna attività e mi guardano come un buffo e giovane dottorino.
Forse la “sedia” fa parte di questa chiusura, la corrobora, la incita, un po’ è la vergogna, un po’ è la stanchezza, forse si vuole solo essere lasciati in pace.
Per un po’ ascolto un po’ di musica. In due ore ho collezionato canzoni che mai avrei immaginato di canticchiare, perché quella più recente avrà almeno trentacinque anni.
E intanto aspetto, forse la dimensione percepita del tempo è diversa, la mia è ovviamente più rapida, calibrata su ritmi più veloci, stimolo-risposta si direbbe; quella di un anziano deve essere necessariamente diversa, più meditata, altrimenti sarebbe davvero arduo resistere dall’esplodere.
Davanti a me ho la sensazione che ci sia un gigantesco acquario, dove tutto vive solo attraverso gli occhi e le orecchie, solo che qui i pesci passano e ti salutano.
Guardandomi intorno mi accorgo quindi di come sia fondamentale riempire ogni angolo possibile di scritte o giornali, in modo da stimolare costantemente l’interesse di chi “attende”, un po’ come al bagno quando si diventa capaci di interessarci pure alle vicende degli ingredienti dell’anticalcare o del detersivo per il pavimento.
Ma nonostante tutto le lancette sembrano andare ad una velocità quasi doppia del normale ed un paio d’ore sono già volate via.
Aspetto.
La concentrazione va e viene. È un costante stato di intorpidimento, indotto dalla noia e dallo stare seduto, se a questo ci aggiungiamo i farmaci il quadro di “intorpidimento” appare più comprensibile.
A distogliermi dal torpore ci pensa il cellulare. Faccio un rapido aggiornamento dei siti che mi interessano, quando ad un tratto mi scopro a barare? Faccio bene ad usarlo? Tra cinquant’anni le carrozzine saranno wireless? Saremo sorretti da strutture robot che ci permetteranno di deambulare normalmente e che ci conserveranno autonomi e funzionali fino a centodieci anni? In attesa di scoprirlo, preferisco conservare il cellulare e di usarlo solo per ricevere, d’altra parte il 2050 è ancora lontano.
Ore 10:30
Arrivano i primi parenti, figli o nipoti che vengono in pellegrinaggio costante a far visita ai propri cari in questo strano microcosmo. Con mia somma meraviglia non si accorgono di me, io che avevo passato e ripassato a mente risposte narcisistiche a domande di stupito compiacimento, e invece nulla! Sono un elemento in un contesto troppo forte, denso, lo sfondo sovrasta la figura.
Ore 11:00 inizia la ginnastica.
Arriva l’operatore che tutti i giorni fa ginnastica dolce con un gran numero di anziani. L’attività è infatti molto richiesta e la sala si riempie oltremodo. Iniziano i primi movimenti, ma l’attività è tutta focalizzata sulle gambe e le mie non sembrano muoversi un granché. Non mi resta che guardare gli altri muoversi e se per il calcio è eccitante qui è piuttosto avvilente.
Ma, un’esigenza si insinua, da una decina di minuti, in un punto esatto posto al centro della carrozzina. All’inizio ho fatto finta di niente, dicendomi che era troppo presto, ero stato attento ad andarci prima di sedermi definitivamente. Ma niente, il pensiero si fa largo e lo stimolo aumenta: devo andare in bagno. Parte l’ansia.
Con risolutezza mi dico che più aspetto e più è peggio, devo immediatamente chiedere assistenza, forse per questo che certe volte “loro” diventano così assillanti. E’ un mix tra esigenza fisiologica moltiplicata dalla dipendenza psicologica, caricata dallo stress di stare sempre seduti e di vedere gli altri muoversi come mosche. Una bomba ad orologeria.
Come mi aspettavo alla richiesta di andare in bagno ed essere accompagnato, si crea una certa tensione. Sarà un esame? Penseranno in molti. Ed invece sono solo io che sto per esplodere. L’assistente prescelto mi accompagna in bagno e mi fa sedere sul gabinetto, il seguito lo tralascio, perché di scarso interesse. Il tutto in dieci minuti, che assicuro saranno gli ultimi. Non ci andrò più in bagno per tutto il giorno. Blocco totale.
La ginnastica termina di li a poco, un’ora interessante e la fame inizia a farsi sentire. Nell’attesa tengo per mano una signora che credo non mi abbia riconosciuto e che forse mi confonde con qualcun altro. Restiamo così, in silenzio, mano nella mano a guardare davanti a noi. Trovo pace, tutto si ferma e assume un significato che ancora mi sfugge.
Il tempo non ha margini né confini.
Ore 13:00 pranzo
Seduto al tavolo discorro amabilmente con un anziano che conosco da tempo e che si dimostra subito molto complice e rispettoso della cosa che sto facendo. Chiacchieriamo per un’oretta del più e del meno, come se fossimo seduti ad un bar, ma su strane sedie con i manici per la spinta. Alla fine ci salutiamo e ci diamo appuntamento per la cena.
Ore 14:30 iniziano le attività pomeridiane
Dopo un oretta passata disteso a far sbollire la stanchezza da seduta forzata mi vengono a prendere per le attività del pomeriggio. In programma due laboratori paralleli, gestiti da due educatrici professionali.
Prima sosta, mi inserisco in un gruppo da poco formatosi e iniziamo a preparare le decorazioni pasquali, che di li a qualche giorno faranno da merletto alle pareti della struttura. La prima ora la passo a fianco di un’anziana signora che adoro e che da quando sono arrivato in struttura mi chiama o “fiorello” o “sorcetto” a seconda dei giorni.

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